Cuore e movimento
Ma come? Non si è già scritto e dimostrato e predicato sull’importanza dell’attività fisica per prevenire i problemi cardiovascolari?
Libri, giornali, riviste scientifiche e non si sperticano in lodi nei confronti di quella sana attività fisica che fa vivere a lungo e regala una qualità di vita ottima per i praticanti; c’è bisogno di dire ancora qualcosa a riguardo?
Ebbene sì… Occorre spendere qualche parola sul concetto di “sana”: frequentando, come chi vi scrive, i campi di gara di più discipline (mountain bike, triathlon, ciclismo su strada, podismo, nuoto…) ci si può rendere conto di come la pratica dello sport che si ama porti i più, e non parlo dei professionisti, a una pratica “strenua” dello stesso.
Uso questo termine, “strenua”, poiché è riportato da un recente studio epidemiologico conclusosi recentemente che ha preso in esame dati di circa 25000 pazienti visitati in circa 14 anni, con malattia coronarica provata o solo sospetta. In questa indagine è stato chiesto al paziente, oltre alle solite indagini di rito sui fattori di rischio (quali, ad esempio, il fumo o l’incidenza del diabete), una panoramica sulle attività fisiche svolte nella giornata; sono quindi stati classificati quattro tipi di attività: sedentaria (tutti quegli sport o attività che possono essere svolti anche stando seduti), leggera (attività con un leggero sforzo fisico), moderata (sport che comporta piacere e relax) e infine strenua (tutti i livelli di sport in cui sia prevista una competizione).
Indipendentemente dal livello di sforzo compiuto effettivamente c’è un riscontro positivo per chi fa attività da leggera a strenua nei confronti dei soggetti più sedentari, a conferma che far esercizio fa bene quando si è in salute e tanto più quando si soffre di malattie coronariche; tuttavia il dato andrebbe incrociato con i frequenti infortuni nei quali incorrono molti “sportivo-sclerotici”!
L’invito a fare movimento è volto a ottenere una migliore qualità della vita; questa la si può ottenere quando uno sportivo amatore si sottopone ad allenamenti intensissimi non potendo contare sul riposo o sull’assistenza medica come un professionista?
“Cui prodest?” A chi giova, come dicevano i nostri avi, se per ottenere un beneficio cardiovascolare, andiamo incontro a un danno muscolo-scheletrico irreversibile e non ci possiamo godere la terza età appieno?
D’altra parte è vero che la competizione è innata nell’uomo; da sempre la platoniana “scimmia di dio” vuole spingersi dove non è, per il solo gusto di dire: “io l’ho fatto”. L’agonismo, la sfida (con se stessi prima che con gli altri) è forse la motivazione più forte che porta una persona a fare attività fisica: per chi si ritrova in sovrappeso o con una patologia cardiaca lo stimolo di fare sport nasce solo se ci si pone un obiettivo. E’ comprensibile ma presto, con l’avvento di una decente condizione fisica, ci si sente facilmente possibili olimpionici, ultramaratoneti, granfondisti o iron men!
Le possibilità del nostro corpo sono sicuramente enormi ma non bisogna mancare di rispetto a prove che solo atleti preparati e opportunamente seguiti riescono a portare a termine. L’invito non vuole certo essere a fare meno sport: ognuno può e deve dedicare agli allenamenti e alle gare tutto il tempo che ritiene opportuno; semplicemente quando gli allenamenti superano le 5-6 ore a settimana è necessario affidarsi a professionisti di settore (allenatori, preparatori e medici dello sport) per evitare di incorrere in quelle problematiche che spesso affliggono gli “sportivi fai-da-te”.